miglior corto (medio) western straniero Hudson- Ohio- The Indie Gathering International film festival

premio negli Usa per il western se il mondo intorno crepa- regia stefano jacurti- emiliano ferrera- miglior corto western non americano
premio negli Usa per il western se il mondo intorno crepa- regia stefano jacurti- emiliano ferrera- miglior corto western non americano

cover di Mario Raciti

slide pics dal set

cover di Alessandro De Leo

Le dure regole del selvaggio west irrompono in un ranch moderno tra le note di una musica country e le righe di un vecchio libro che ci porta indietro nel tempo… In un parallelismo tra antico e moderno che ruota intorno all’assenza delle istituzioni e all’emarginazione, due fuorilegge, Black Burt (Stefano Jacurti) un delirante assassino detto “il poeta” perché prima di uccidere declama versi di morte e Butcher Joe (Simone Pieroni) un folle criminale psicopatico detto “il macellaio”, sono braccati da tempo per le loro imprese violente. In viaggio per il Messico, i due si danno appuntamento per pianificare le prossime rapine in una ghost town sospesa tra la polvere del deserto e i fantasmi del passato. Lungo il suo cammino il poeta incontra una città piena di vita, abitata da ubriachi e prostitute che non ha posto per chi come Sheila (Emanuela Ponzano) lotta per guadagnarsi da vivere con il proprio corpo senza l’uso della vista. Messa in un angolo e denigrata, la condizione della donna si mescola al vuoto delle coscienze degli uomini e ai terribili ricordi di torture e di gente trucidata. Mentre Bill Carson (Emiliano Ferrera) galoppa per una missione importante da compiere, il passato torna prepotente con il suo carico di tormenti per le atrocità compiute. Ma i nodi da sciogliere imbrigliati da tempo sono troppi, e il destino per Black Burt e Butcher Joe, ha riservato qualcosa di molto diverso...


PUPI AVATI SUL FILM

SE IL MONDO INTORNO CREPA:

Cari amici ho visto il vostro western

" se il mondo intorno crepa" trovando un sapore classico in molte immagini, da vero western.

 Siete stati bravi a realizzare un film di questo genere di film senza grandi mezzi.

Con amicizia, Pupi Avati

 

 

nella foto Pupi Avati e Stefano Jacurti in un recente incontro in Campidoglio

SINOPYS: if the world dies" indie western short movie ( 40')

A black rider stands out at the horizon. It's Black Burt "the poet", so called because he always raves his deathly lyrics before killing. Black Burt has reunited with Butcher Joe for a bloody ride. The two of them, on the first pages of the newspaper and stalked for their violent actions, are heading for a ghost town before going to Mexico. But in a world where a woman is fighting against marginalization and the past comes back with its explosive strength, fate has reserved to Black Burt and Buthcer Joe something very different...

IL CAMMINO DI STEFANO JACURTI SULLE PISTE DEL WEST

DI TERESIO SPALLA- TRATTO DA "Scenario"

Chi scrive non detesta a priori le contaminazioni tra i generi ma confessa di provare un profondo senso di disagio verso i  minestroni di horror e western. Anche quando fatti molto bene (è stato il caso, qui da noi, di una saga a fumetti durata tredici anni di cui gli ultimi arrancando parecchio nonostante i disegni magnifici e l’episodica intelligente) più che mandare il profumo della prateria emanano l’odore fetido del calderone delle streghe di Macbeth, ovviamente senza Shakespeare che pur dal western fu saccheggiato anche lui. Però ci sono le eccezioni e queste sono costituite dal lavoro di Stefano Jacurti il quale, conoscendo a menadito il western classico ed amandolo come solo pochi oggi sono in grado, ha dedicato questi ultimi vent’anni ad una nuova esplorazione del west e del western servendosi anche di tutte le combinazioni possibili - Si può dire infatti che Jacurti abbia giocato a scacchi con tutti gli elementi topici del genere – e di tutti i generi moderni in genere – riuscendo ad imbastire un gioco tanto spericolato quanto avvincente, usando tutte le formule permesse. Ma senza perdere mai una pedina.

 

Verrebbe da chiedersi chi giocasse dall’altra parte. Io dico un essere informe e moralmente deforme che è, oggi come oggi, la minaccia di ogni regista o scrittore, artista visivo o architetto, storico o antropologo. Quest’essere è la morte, la morte dei generi come coacervo delle passioni di tante generazioni che le nuovissime generazioni sfuggono senza capire che così vanno verso un precipizio talmente profondo che non se conosce il fondo. Stefano Jacurti è troppo intelligente per non sapere di essere l’AntoniusBlock delle idealità perdute in un’epoca dove il livello di fede e moralità non è diversa da quella dei contadi degradati e minacciati dalla peste che il cavaliere e il suo scudiero incontrano prima dell’ultima danza sul ciglio della collina. Il liberismo dell’immaginario incombe sul crepuscolo della modernità.

Eppure, pur essendo ben cosciente di tutto ciò, egli si esprime da tanti anni attraverso il western da esserne diventato il principale cantore europeo sebbene l’attuale stato mafioso e conchiuso del cinema come della letteratura italiana ne abbia impedito una diffusione maggiore oltre i confini del nostro morente Paese. Anche se i premi e i riconoscimenti non sono mancati, è bene dirlo, anche in nazioni più civilizzate e meno scadenti della nostra. Cominciò, ed in quelle occasioni lo conobbi se la mia memoria non s’inganna, curando retrospettive e dibattiti nella Roma non del tutto distratta dei primi anni Novanta. In quel contesto riuscì a realizzare uno spettacolo – Golden City – che ebbe un suo richiamo nel ’95 al teatro Furio Camillo per poi essere ripreso al teatro dell’Orologio qualche anno dopo.

 Apprezzai molto quel suo sforzo che allora doveva sembrare impossibile anche a lui - Io stesso, con Massimo Costa e Maria Teresa Telara, avevo allestito produttivamente, due anni prima, Indians – il testo di Arthur Kopit a cui è ispirato il western più iconoclasta (fino all’autodistruzione di se stesso) degli anni Settanta : Buffalo Bill e gli indiani di Robert Altman–ma all’interno di una rassegna multimediale della quadriennale d’arte sull’American west, con una vibrante traduzione di Kezich e una accurata regia di Piero Maccarinelli che ebbe a disposizione, oltre al protagonista Aroldo Tieri (nei panni di Buffalo Bill !) i migliori attori dell’associazione che nominalmente produceva lo spettacolo.

 Lui invece, per conto suo, con una buona compagnia d’interpreti, era andato ben oltre la mise en éspace, costruendo uno spettacolo corroborante, fervido, genuino, che dimostrava come, volendo, a teatro si possa fare di tutto. Ricordava infatti un grande successo di Gino Cervi che purtroppo io vidi solo alla tv ma almeno quando la tv faceva una prosa straordinaria : Del vento tra i rami delsassofrasso (“western da camera” di René De Obadia) dove quel nostro grande attore non esitava ad indossare, con dignità e saggia ironia, la camicia a quadretti e il cappello a falde rialzate insieme a Elsa Merlini e Ferruccio De Ceresa.

 Mi convinsi allora, sul suo esempio, che il western poteva proprio a teatro trovare una casa accogliente e pur meno esigente del pubblico degli schermi. Infatti per anni ho pensato a un testo mio sul circo di Buffalo Bill - ma senza toccare Kopit e la demistificazione forzata - con Giorgio Albertazzi come protagonista. E Albertazzi era davvero capace di salire a cavallo sulle tavole di un palcoscenico circondato da indiani e ballerine da saloon. Avevo anche maturato un’equipe di consulenti. A parte il caro Tullio, Claudio Gorlier Vittorio Zucconi che, aspetta che ti riaspetta, non furono poi nemmeno consultati. Infatti non se ne fece mai niente, un po’ per la meschineria dei suoi agenti e un pò per i continuativi impegni dell’attore il quale, quando riuscii a raggiungerlo con sei mesi davanti, era ormai troppo anziano per sostenere lo sforzo fisico di uno spettacolo che, per gli impresari, era uno sforzo soprattutto economico su cui nessuno voleva scommettere senza di lui. Invece Stefano Jacurti non s’era arenato affatto ed era giunto a scrivere anche per la letteratura e bene, molto bene. Il suo primo libro, composto di racconti che profumano veramente dell’erba dei grandi pascoli, aveva titolo Pensieri del wesT- Ssguirono l’elegiaco e struggente Il baule della prateria e poi un nuovo risveglio di contenuti e idee frizzanti e stimolanti : Avrei voluto essere ucciso da Clint Eastwood e Bastardi per stirpe che sembrava essere il punto più alto della sua ricerca con, questa volta, un’audace contaminazione fatta con grande sincerità e franca passione.

 Però, dopo e durante queste sue premiate escursioni narrative, egli riuscì in quello in cui, da quarant’anni, nessuno è più riuscito. Produsse, diresse (con Emiliano Ferrera) e interpretò due film mediometraggi di non poco conto : uno girato nella neve – Infernobianco – e un altro in un ovest ricostruito con inusuale sapienza – Se il mondo intorno crepa – che gli hanno portato ancor più riconoscimenti (basta citare il premio come miglior cortometraggio straniero al Gathering festival di Hudson in Ohio) premi, e anche uno zoccolo duro di spettatori che, credo, lo rassereni più dei cinefili che, sui suoi film, hanno detto tante cose giuste ma forse non comprendendo ciò che solo chi conosce veramente il west – la sua storia e la sua leggenda – può sapere.

Il suo personaggio, barbuto e con lo stesso cappello (tutti i grandi westerner del cinema portavano abitualmente lo stesso copricapo, di film in film) che della sua figura se n’è impadronito anche il mondo più serio e attento del fumetto. Ora egli si presenta al pubblico (ci sarà una doviziosa presentazione ad un piccolo ma serio e motivato festival sulla riviera ligure, a Santo Stefano al mare, il 30 luglio, sesta edizione della rassegna Mostriamo il cinema, a cui succederà la proiezione di Se il mondo intorno crepa) con un'altra raccolta di racconti che non ribalta ma rimette in gioco tutti gli elementi che egli aveva scombinato e riordinato sulla scacchiera del suo talento e della sua fedeltà a un tema e a una tradizione che, trattati da lui, meriterebbero ancor più attenzione.

 Si chiama Western sex rock and horror (Edizioni Emil) e, come dice il titolo stesso, comprende , all’interno di storie western, tutti gli elementi che erano già presenti, ora fortificati ed ora rarefatti, nei suoi romanzi precedenti e soprattutto nei film. C’è il sesso, c’è il rock, e c’è il cinema di paura, quel tipo di cosa che quelli come me preferiscono chiamare horror anche se si rendono conto che, per le generazioni più giovani, l’horror è quello con Boris Karloff e Vincent Price mentre il cinema di paura è quello di Dario Argento e surrogati americani con deviazioni nello splatter che, in fondo, conferma la vocazione di un certo western, anche in epoca classicissima, ad essere minaccioso e sanguinolento come la vita di stenti dei pionieri nell’attraversare i più aridi e inospitali altopiani del sud ovest.

 Il rock, in questo libro, rappresenta qualcosa che personalmente mi ricorda il jazz per la rottura degli schemi musicali melodici e il ritmo sincopato. Ma è un jazz che ha passato le acque tra Bob Dylan, Johnny Cash e Bruce Springsteen, si è iniettato di pop e ha sparato pallottole di folk. E, non essendo un critico musicale, sono certo che queste ultime righe mi saranno perdonate dai puristi.

 Si tratta di una rottura che rende i racconti di Stefano Jacurti ancor più affascinanti. Infatti nessuno precipita mai nel buio assoluto o, se accade, non è mai abbastanza buio e mai abbastanza assoluto. Perché l’Autore tende ponti, stringe corde, tira i filamenti di cuoio, aggrappa i personaggi alle rocce più impervie, gli incatena e li scioglie dal giuramento con l’astuzia e la bravura del letterato d’alta professione. Potremmo anche pensare che, in Western sex rock and horror, egli abbia abbandonato la scacchiera dell’AntoniusBock delle praterie per stendere quelle passerelle di canapa e spago tra un personaggio e l’altro, tra una trama e l’altra, tra un mondo e un altro.

 

Perché Stefano Jacurti costituisce l’anello di congiunzione tra un cinema western di oggi e quello di ieri, tra una storia che solo oggi ha motivo di sussistere, perché nel passato sarebbe stata rifiutata, e la storia che ha siglato tutto il cinema western dal 1903 al 1980 circa, nel suo secolo di splendore e di furore.

 La capacità di Stefano Jacurti non è solo nel saper essere, egli stesso, quel gancio che ha reso inossidabile tra presente e passato, ma nel saper raccontare, con la penna e con la macchina da presa, storie che nessuno ha osato congiungere, nemmeno in America E’ uscita da poco una raccolta di racconti dello scrittore Percival Everett, nato in Georgia ma che ambienta le sue storie nel Wyoming, la terra delle guerre per i pascoli – In un palmo d’acqua (Nutrimenti editore) – dove, mi si lasci dire, racconta di un west molto femminista e molto afroamericano che, purtroppo, non è mai esistito.

 Venendo dagli Stati Uniti, con probabilmente un bravo agente alle spalle di qua e di là dall’oceano, Percival Everett ha già ottenuto recensioni dove tutti gli scrittori italiani vorrebbero comparire e spesso non riescono per i soliti giochi di potere tipicamente italiani. Non è affatto un cattivo narratore anche se non è il nuovo Brett Harte che si decanta. Dice anche cose molto banali come “L’arte è l’arte. Un romanzo è un romanzo e riguarda le persone che lo abitano : possono essere bianche, nere e asiatiche”. Ebbene, i racconti di Stefano Jacurti (che la banalità fugge per principio), anche se non posseggono un progetto multirazziale (ma quando mai il west è stato multirazziale? Semmai è stato il teatro di un cruento scontro tra razze, questo sì), anche se non vengono dagli Usa, hanno la freschezza e la dolcezza, la durezza e l’affanno, il coraggio e la sfida, quel senso poetico, di chi, partendo da una città italiana, ha saputo costruire, in pochi anni, un universo prezioso e necessario, raffinato e crudele che travalica gli orizzonti, attraversa i territori più disagevoli, gioca a scacchi con la morte insidiosa e getta ponti per chi, del western, voglia ancora capire il messaggio di fiducia e di disillusione.

 

 

 

 
 
 CARLO GABERSCEK SUL WESTERN
 SE IL MONDO INTORNO CREPA-
 
Caro Jacurti
 
ho appena visto "Se il mondo intorno crepa", che ho trovato molto buono. Un lavoro molto professionale, dove tutto funziona: dall'ottimo cast (con le facce giuste!), alla sceneggiatura; agli agili movimenti di "camera"; il ritmo sempre teso; una struttura a incastri sapientemente spiazzante, capace di costruire continui colpi di scena; la buona riuscita sia degli esterni sia degli interni (saloon e ghost town). Un western "maturo" che, nonostante il formato "corto" di 40 minuti, può benissimo competere con i migliori lungometraggi di questi ultimi due decenni e che è più buono di certi prodotti televisivi western (film per la TV o miniserie) che vediamo in questi ultimi tempi. Gli appassionati di western possono ritrovare inevitabili (e doverosi) riferimenti ai film di Leone (Bill Carson) o di Clint Eastwood (Gli spietati, a me ha fatto venire in mente anche il bellissimo western australiano "The Proposition", 2005),
ma "Se il mondo intorno crepa" sa dimostrarsi un'opera con una sua originalità e personalità.
Con vivissimi complimenti a Lei e ai Suoi collaboratori e tutti gli auguri che il vostro lavoro merita
 
Carlo Gaberscek * autore dei libri "Il west di John Ford"- "Sentieri del western"- "Il vicino west"

EVENTS

OSPITATA A NUOVA RETE FORLI' CON I TRAILER DEL FILM

SABATO 30 LUGLIO 2016 DALLE 20 IN POI A SANTO STEFANO AL MARE- IMPERIA- IL WESTERN DI STEFANO JACURTI

LIBRI E FILM

Stefano Jacurti su TEX E ZAGOR

a colle d'anchise- cb- la folle notte del western se il mondo intorno crepa premiato in America

proiezione al Narni museo Eroli

giovedì 2 aprile 2015 ore 21 a Roma, torna il western  al cinema Azzurro Scipioni!

Se il mondo intorno crepa


un western indipendente

DOMENICA 14 DICEMBRE 2014-  A PORCARI (LU) FONDAZIONE LAZZARESCHI- MOSTRA L'AVVENTURA DEL WEST- ORE 17- PROIEZIONE SE IL MONDO INTORNO CREPA

SE IL MONDO INTORNO CREPA AL WOW MUSEO DEL FUIMETTO DI MILANO 17 GENNAIO ORE 17.30 PROIEZIONE INGRESSO LIBERO

L'ANTEPRIMA AL CINEMA L'AQUILA DI ROMA- GIUGNO 2014


gli interpreti del western se il mondo intorno crepa "iF THE WORLD DIES-  CAST"

Stefano Jacurti- Simone Pieroni- Emanuela Ponzano- Emiliano Ferrrera- Claudio Vitturini-

Antonio Rocco e con la partecipazione di Antonella Salvucci- Willy Stella- Marco Belocchi

Hanno inoltre partecipato: Giovanni Bufalini, Gabriel Ciarelli, Simone Destrero,

Graziana Bellofiore, Piero Sponze, Sebastiano Vento,Fabrizio Sartini,

Valeria Di Giorgio, Nick Tagliaferri- Francesco Maria Zinno,Alberto Di Giorgio e il gruppo country line dance "WESTERN SPIRIT"

un grazie a Stefania Perniconi  regia Stefano Jacurti- Emiliano Ferrera- direttore fotografia Alberto Marchiori  - segretaria di edizione Valentina Tomasetto-scenografia Tina Pennisi.  

Soundtrack Klaus Veri- Orginals songs Fabrizio Sartini-

Scritto e prodotto da Stefano Jacurti

Video / Musica

Galery

FRAME



http://www.romacountryradio.it/ ascolta Stefano Jacurti, DJ Alf e Piero di Clemente sui film western e la country music!

LA GUERRA CIVILE AMERICANA E IL WESTERN AL TEATRO UGO BETTI A ROMA 7-8-9 DICEMBRE

CON IL GENERALE GRANT IL GENERALE LEE CALAMITY JANE E WILD BILL HICKOK- DI STEFANO JACURTI E ALESSANDRO IORI, LA STORIA E IL MITO DEL SELVAGGIO WEST DOPO LA GUERRA DI SECESSIONE