miglior corto (medio) western straniero Hudson- Ohio- The Indie Gathering International film festival
cover di Alessandro De Leo
PUPI AVATI SUL FILM
SE IL MONDO INTORNO CREPA:
Cari amici ho visto il vostro western
" se il mondo intorno crepa" trovando un sapore classico in molte immagini, da vero western.
Siete stati bravi a realizzare un film di questo genere di film senza grandi mezzi.
Con amicizia, Pupi Avati
nella foto Pupi Avati e Stefano Jacurti in un recente incontro in Campidoglio
SINOPYS: if the world dies" indie western short movie ( 40')
A black rider stands out at the horizon. It's Black Burt "the poet", so called because he always raves his deathly lyrics before killing. Black Burt has reunited with Butcher Joe for a bloody ride. The two of them, on the first pages of the newspaper and stalked for their violent actions, are heading for a ghost town before going to Mexico. But in a world where a woman is fighting against marginalization and the past comes back with its explosive strength, fate has reserved to Black Burt and Buthcer Joe something very different...
IL CAMMINO DI STEFANO JACURTI SULLE PISTE DEL WEST
DI TERESIO SPALLA- TRATTO DA "Scenario"
Chi scrive non detesta a priori le contaminazioni tra i generi ma confessa di provare un profondo senso di disagio verso i minestroni di horror e western. Anche quando fatti molto bene (è stato il caso, qui da noi, di una saga a fumetti durata tredici anni di cui gli ultimi arrancando parecchio nonostante i disegni magnifici e l’episodica intelligente) più che mandare il profumo della prateria emanano l’odore fetido del calderone delle streghe di Macbeth, ovviamente senza Shakespeare che pur dal western fu saccheggiato anche lui. Però ci sono le eccezioni e queste sono costituite dal lavoro di Stefano Jacurti il quale, conoscendo a menadito il western classico ed amandolo come solo pochi oggi sono in grado, ha dedicato questi ultimi vent’anni ad una nuova esplorazione del west e del western servendosi anche di tutte le combinazioni possibili - Si può dire infatti che Jacurti abbia giocato a scacchi con tutti gli elementi topici del genere – e di tutti i generi moderni in genere – riuscendo ad imbastire un gioco tanto spericolato quanto avvincente, usando tutte le formule permesse. Ma senza perdere mai una pedina.
Verrebbe da chiedersi chi giocasse dall’altra parte. Io dico un essere informe e moralmente deforme che è, oggi come oggi, la minaccia di ogni regista o scrittore, artista visivo o architetto, storico o antropologo. Quest’essere è la morte, la morte dei generi come coacervo delle passioni di tante generazioni che le nuovissime generazioni sfuggono senza capire che così vanno verso un precipizio talmente profondo che non se conosce il fondo. Stefano Jacurti è troppo intelligente per non sapere di essere l’AntoniusBlock delle idealità perdute in un’epoca dove il livello di fede e moralità non è diversa da quella dei contadi degradati e minacciati dalla peste che il cavaliere e il suo scudiero incontrano prima dell’ultima danza sul ciglio della collina. Il liberismo dell’immaginario incombe sul crepuscolo della modernità.
Eppure, pur essendo ben cosciente di tutto ciò, egli si esprime da tanti anni attraverso il western da esserne diventato il principale cantore europeo sebbene l’attuale stato mafioso e conchiuso del cinema come della letteratura italiana ne abbia impedito una diffusione maggiore oltre i confini del nostro morente Paese. Anche se i premi e i riconoscimenti non sono mancati, è bene dirlo, anche in nazioni più civilizzate e meno scadenti della nostra. Cominciò, ed in quelle occasioni lo conobbi se la mia memoria non s’inganna, curando retrospettive e dibattiti nella Roma non del tutto distratta dei primi anni Novanta. In quel contesto riuscì a realizzare uno spettacolo – Golden City – che ebbe un suo richiamo nel ’95 al teatro Furio Camillo per poi essere ripreso al teatro dell’Orologio qualche anno dopo.
Apprezzai molto quel suo sforzo che allora doveva sembrare impossibile anche a lui - Io stesso, con Massimo Costa e Maria Teresa Telara, avevo allestito produttivamente, due anni prima, Indians – il testo di Arthur Kopit a cui è ispirato il western più iconoclasta (fino all’autodistruzione di se stesso) degli anni Settanta : Buffalo Bill e gli indiani di Robert Altman–ma all’interno di una rassegna multimediale della quadriennale d’arte sull’American west, con una vibrante traduzione di Kezich e una accurata regia di Piero Maccarinelli che ebbe a disposizione, oltre al protagonista Aroldo Tieri (nei panni di Buffalo Bill !) i migliori attori dell’associazione che nominalmente produceva lo spettacolo.
Lui invece, per conto suo, con una buona compagnia d’interpreti, era andato ben oltre la mise en éspace, costruendo uno spettacolo corroborante, fervido, genuino, che dimostrava come, volendo, a teatro si possa fare di tutto. Ricordava infatti un grande successo di Gino Cervi che purtroppo io vidi solo alla tv ma almeno quando la tv faceva una prosa straordinaria : Del vento tra i rami delsassofrasso (“western da camera” di René De Obadia) dove quel nostro grande attore non esitava ad indossare, con dignità e saggia ironia, la camicia a quadretti e il cappello a falde rialzate insieme a Elsa Merlini e Ferruccio De Ceresa.
Mi convinsi allora, sul suo esempio, che il western poteva proprio a teatro trovare una casa accogliente e pur meno esigente del pubblico degli schermi. Infatti per anni ho pensato a un testo mio sul circo di Buffalo Bill - ma senza toccare Kopit e la demistificazione forzata - con Giorgio Albertazzi come protagonista. E Albertazzi era davvero capace di salire a cavallo sulle tavole di un palcoscenico circondato da indiani e ballerine da saloon. Avevo anche maturato un’equipe di consulenti. A parte il caro Tullio, Claudio Gorlier Vittorio Zucconi che, aspetta che ti riaspetta, non furono poi nemmeno consultati. Infatti non se ne fece mai niente, un po’ per la meschineria dei suoi agenti e un pò per i continuativi impegni dell’attore il quale, quando riuscii a raggiungerlo con sei mesi davanti, era ormai troppo anziano per sostenere lo sforzo fisico di uno spettacolo che, per gli impresari, era uno sforzo soprattutto economico su cui nessuno voleva scommettere senza di lui. Invece Stefano Jacurti non s’era arenato affatto ed era giunto a scrivere anche per la letteratura e bene, molto bene. Il suo primo libro, composto di racconti che profumano veramente dell’erba dei grandi pascoli, aveva titolo Pensieri del wesT- Ssguirono l’elegiaco e struggente Il baule della prateria e poi un nuovo risveglio di contenuti e idee frizzanti e stimolanti : Avrei voluto essere ucciso da Clint Eastwood e Bastardi per stirpe che sembrava essere il punto più alto della sua ricerca con, questa volta, un’audace contaminazione fatta con grande sincerità e franca passione.
Però, dopo e durante queste sue premiate escursioni narrative, egli riuscì in quello in cui, da quarant’anni, nessuno è più riuscito. Produsse, diresse (con Emiliano Ferrera) e interpretò due film mediometraggi di non poco conto : uno girato nella neve – Infernobianco – e un altro in un ovest ricostruito con inusuale sapienza – Se il mondo intorno crepa – che gli hanno portato ancor più riconoscimenti (basta citare il premio come miglior cortometraggio straniero al Gathering festival di Hudson in Ohio) premi, e anche uno zoccolo duro di spettatori che, credo, lo rassereni più dei cinefili che, sui suoi film, hanno detto tante cose giuste ma forse non comprendendo ciò che solo chi conosce veramente il west – la sua storia e la sua leggenda – può sapere.
Il suo personaggio, barbuto e con lo stesso cappello (tutti i grandi westerner del cinema portavano abitualmente lo stesso copricapo, di film in film) che della sua figura se n’è impadronito anche il mondo più serio e attento del fumetto. Ora egli si presenta al pubblico (ci sarà una doviziosa presentazione ad un piccolo ma serio e motivato festival sulla riviera ligure, a Santo Stefano al mare, il 30 luglio, sesta edizione della rassegna Mostriamo il cinema, a cui succederà la proiezione di Se il mondo intorno crepa) con un'altra raccolta di racconti che non ribalta ma rimette in gioco tutti gli elementi che egli aveva scombinato e riordinato sulla scacchiera del suo talento e della sua fedeltà a un tema e a una tradizione che, trattati da lui, meriterebbero ancor più attenzione.
Si chiama Western sex rock and horror (Edizioni Emil) e, come dice il titolo stesso, comprende , all’interno di storie western, tutti gli elementi che erano già presenti, ora fortificati ed ora rarefatti, nei suoi romanzi precedenti e soprattutto nei film. C’è il sesso, c’è il rock, e c’è il cinema di paura, quel tipo di cosa che quelli come me preferiscono chiamare horror anche se si rendono conto che, per le generazioni più giovani, l’horror è quello con Boris Karloff e Vincent Price mentre il cinema di paura è quello di Dario Argento e surrogati americani con deviazioni nello splatter che, in fondo, conferma la vocazione di un certo western, anche in epoca classicissima, ad essere minaccioso e sanguinolento come la vita di stenti dei pionieri nell’attraversare i più aridi e inospitali altopiani del sud ovest.
Il rock, in questo libro, rappresenta qualcosa che personalmente mi ricorda il jazz per la rottura degli schemi musicali melodici e il ritmo sincopato. Ma è un jazz che ha passato le acque tra Bob Dylan, Johnny Cash e Bruce Springsteen, si è iniettato di pop e ha sparato pallottole di folk. E, non essendo un critico musicale, sono certo che queste ultime righe mi saranno perdonate dai puristi.
Si tratta di una rottura che rende i racconti di Stefano Jacurti ancor più affascinanti. Infatti nessuno precipita mai nel buio assoluto o, se accade, non è mai abbastanza buio e mai abbastanza assoluto. Perché l’Autore tende ponti, stringe corde, tira i filamenti di cuoio, aggrappa i personaggi alle rocce più impervie, gli incatena e li scioglie dal giuramento con l’astuzia e la bravura del letterato d’alta professione. Potremmo anche pensare che, in Western sex rock and horror, egli abbia abbandonato la scacchiera dell’AntoniusBock delle praterie per stendere quelle passerelle di canapa e spago tra un personaggio e l’altro, tra una trama e l’altra, tra un mondo e un altro.
Perché Stefano Jacurti costituisce l’anello di congiunzione tra un cinema western di oggi e quello di ieri, tra una storia che solo oggi ha motivo di sussistere, perché nel passato sarebbe stata rifiutata, e la storia che ha siglato tutto il cinema western dal 1903 al 1980 circa, nel suo secolo di splendore e di furore.
La capacità di Stefano Jacurti non è solo nel saper essere, egli stesso, quel gancio che ha reso inossidabile tra presente e passato, ma nel saper raccontare, con la penna e con la macchina da presa, storie che nessuno ha osato congiungere, nemmeno in America E’ uscita da poco una raccolta di racconti dello scrittore Percival Everett, nato in Georgia ma che ambienta le sue storie nel Wyoming, la terra delle guerre per i pascoli – In un palmo d’acqua (Nutrimenti editore) – dove, mi si lasci dire, racconta di un west molto femminista e molto afroamericano che, purtroppo, non è mai esistito.
Venendo dagli Stati Uniti, con probabilmente un bravo agente alle spalle di qua e di là dall’oceano, Percival Everett ha già ottenuto recensioni dove tutti gli scrittori italiani vorrebbero comparire e spesso non riescono per i soliti giochi di potere tipicamente italiani. Non è affatto un cattivo narratore anche se non è il nuovo Brett Harte che si decanta. Dice anche cose molto banali come “L’arte è l’arte. Un romanzo è un romanzo e riguarda le persone che lo abitano : possono essere bianche, nere e asiatiche”. Ebbene, i racconti di Stefano Jacurti (che la banalità fugge per principio), anche se non posseggono un progetto multirazziale (ma quando mai il west è stato multirazziale? Semmai è stato il teatro di un cruento scontro tra razze, questo sì), anche se non vengono dagli Usa, hanno la freschezza e la dolcezza, la durezza e l’affanno, il coraggio e la sfida, quel senso poetico, di chi, partendo da una città italiana, ha saputo costruire, in pochi anni, un universo prezioso e necessario, raffinato e crudele che travalica gli orizzonti, attraversa i territori più disagevoli, gioca a scacchi con la morte insidiosa e getta ponti per chi, del western, voglia ancora capire il messaggio di fiducia e di disillusione.
OSPITATA A NUOVA RETE FORLI' CON I TRAILER DEL FILM
SABATO 30 LUGLIO 2016 DALLE 20 IN POI A SANTO STEFANO AL MARE- IMPERIA- IL WESTERN DI STEFANO JACURTI
LIBRI E FILM
a colle d'anchise- cb- la folle notte del western se il mondo intorno crepa premiato in America
proiezione al Narni museo Eroli
giovedì 2 aprile 2015 ore 21 a Roma, torna il western al cinema Azzurro Scipioni!
Se il mondo intorno crepa
DOMENICA 14 DICEMBRE 2014- A PORCARI (LU) FONDAZIONE
LAZZARESCHI- MOSTRA L'AVVENTURA DEL WEST- ORE 17- PROIEZIONE SE IL MONDO INTORNO CREPA
SE IL MONDO INTORNO CREPA AL WOW MUSEO DEL FUIMETTO DI MILANO 17 GENNAIO ORE 17.30 PROIEZIONE INGRESSO LIBERO
L'ANTEPRIMA AL CINEMA L'AQUILA DI ROMA- GIUGNO 2014
gli interpreti del western se il mondo intorno crepa "iF THE WORLD DIES- CAST"
Stefano Jacurti- Simone Pieroni- Emanuela Ponzano- Emiliano Ferrrera- Claudio Vitturini-
Antonio Rocco e con la partecipazione di Antonella Salvucci- Willy Stella- Marco Belocchi
Hanno inoltre partecipato: Giovanni Bufalini, Gabriel Ciarelli, Simone Destrero,
Graziana Bellofiore, Piero Sponze, Sebastiano Vento,Fabrizio Sartini,
Valeria Di Giorgio, Nick Tagliaferri- Francesco Maria Zinno,Alberto Di Giorgio e il gruppo country line dance "WESTERN SPIRIT"
un grazie a Stefania Perniconi regia Stefano Jacurti- Emiliano Ferrera- direttore fotografia Alberto Marchiori - segretaria di edizione Valentina Tomasetto-scenografia Tina Pennisi.
Soundtrack Klaus Veri- Orginals songs Fabrizio Sartini-
Scritto e prodotto da Stefano Jacurti
LA GUERRA CIVILE AMERICANA E IL WESTERN AL TEATRO UGO BETTI A ROMA 7-8-9 DICEMBRE
CON IL GENERALE GRANT IL GENERALE LEE CALAMITY JANE E WILD BILL HICKOK- DI STEFANO JACURTI E ALESSANDRO IORI, LA STORIA E IL MITO DEL SELVAGGIO WEST DOPO LA GUERRA DI SECESSIONE
I LIBRI WESTERN DI STEFANO JACURTI
INFERNO BIANCO IL WESTERN PRECEDENTE
il western precedente come film maker
il western premiato negli Usa al Indie Gathering international film festival Hudson- Ohio- Usa- miglior western straniero-
Se il mondo intorno crepa
Sergio Muniz e Stefano Jacurti durante la premiazione al libro Western Sex Rock and Horror 3° su 432 libri inviati al concorso "Unicorno" di Rovigo ideato da Angioletta Masiero
SE IL MONDO INTORNO CREPA
RECENSIONE DIRETTA NEWS
Francesco Lomuscio
“Ho scritto questa storia perché sono stato folgorato da un servizio del tg che parlava di ‘istituzioni assenti’ in un Paese dove le persone hanno perso la fiducia nello Stato e di ‘emarginati’ di varie tipologie, che lottano per conquistarsi un posto nella società. Ho trasferito queste tematiche tanto universali quanto sentite in un luogo a me molto congeniale come quello del wild west, dove emarginazione ed ingiustizia prima o poi trovano il loro riscatto anche nel posto più remoto”.
Già autore nel 2007 dell’innevato “Inferno bianco”, film indipendente western co-diretto da Emiliano Ferrera, Stefano Jacurti torna insieme allo stesso al genere caro a John Ford e Sergio Leone tramite il mediometraggio
“Se il mondo intorno crepa”, che, presentato presso il Nuovo Cinema Aquila di Roma, apre in un moderno ranch per poi trasportare indietro nel tempo per mezzo delle righe di un vecchio libro sfoderato dalla Antonella Salvucci vista, tra l’altro, ne “L’educazione sentimentale di Eugenie” di Aurelio Grimaldi e “Midway – Tra la vita e la morte” di John Real.
Quindi, efficacemente accompagnato da una colonna sonora countreggiante a firma di Klaus Veri e Fabrizio Sartini, lo troviamo nei panni del fuorilegge Black Burt, che, detto “il poeta” perché solito declamare versi di morte prima di uccidere, si da appuntamento con Butcher Joe alias Simone Pieroni, ovvero “il macellaio”, al fine di pianificare le loro prossime rapine in una ghost town sospesa tra le polveri del deserto e i fantasmi del passato.
Ed è il suo viaggio per il Messico a condurlo in una città piena di vita, abitata da ubriachi e prostitute come la non vedente Sheila, cui concede anima e corpo Emanuela Ponzano, denigrata e messa in un angolo; man mano che la condizione di donna si mescola al vuoto delle coscienze degli uomini e ai terribili ricordi di persone trucidate.
Del resto, mentre entra in scena anche il già citato Ferrera nel ruolo di Bill Carson, personaggio che richiama Clint Eastwood già solo a causa della somiglianza fisica, è un dramma dell’esistenza umana nelle sue molteplici sfaccettature quello messo in scena nei circa quaranta minuti di visione, girati tra l’Abruzzo e la Spagna e dedicati a Luigi Jacurti, compianto padre di Stefano.
Quaranta minuti decisamente movimentati e che, ovviamente infarciti di grilletti pronti a sparare e cadaveri sparsi, guardano sì al cinema degli autori di “Per un pugno di dollari” e “Ombre rosse”, ma con vaghe influenze anche dalla filmografia dei fratelli Coen (un po’ “Il Grinta”, un po’ “Il grande Lebowski”).
Quaranta minuti che, con la partecipazione della scuola di ballo country “Western spirit” e una certa ironia di fondo che lascia quasi intuire riferimenti al filone alla Trinità, individuano oltretutto nell’ottima fotografia
di Alberto Marchiori e nella notevole cura degli effetti sonori due degli ingredienti fondamentali che impreziosiscono la lodevole resa finale di un’operazione messa in piedi con tanta passione e pochi mezzi; in quanto, come spiega Ferrera: “Certo, qualche volta abbiamo dovuto lavorare in situazioni scomode e stressanti, come spesso accade nel cinema indipendente, ma abbiamo saputo reagire al meglio, con lo spirito giusto e la forza di chi crede che il western è destinato a non morire mai”.
Francesco Lomuscio
SE IL MONDO INTORNO CREPA
RECENSIONE SU YOU MOVIES
Dopo aver realizzato due prodotti western come il mediometraggio“Boot Hill” del 1998 e il
lungometraggio “Inferno bianco” del 2007, l’accoppiata Stefano Jacurti e Emiliano Ferrera torna con il loro genere preferito grazie ad un altro
mediometraggio (durata 40 minuti) come “Se il mondo intorno crepa”, ovvero altra dichiarazione d’amore del duo nei
riguardi del cinema tutto cowboy e lande desolate.
La trama si muove sulle gesta di Black Burt (Jacurti), denominato “il poeta” perché prima di uccidere declama versi di
morte, il cui passato al di la della legge è leggenda per gli abitanti del luogo.
La sua collaborazione col criminale Butcher Joe (Simone Pieroni) è sulla bocca di tutti e ben presto i due si daranno
appuntamento per un ulteriore colpo da compiere.
Solo che l’incontro con una prostituta, Sheila (Emanuela Ponzano), farà riaffiorare a qualcuno terribili ricordi di una vita
violenta che lo spingerà a chiudere il cerchio con la giustizia
Ormai il western è nuovamente delle nostre parti, lo ha confermato il“Django unchained” di Quentin Tarantino recentemente e lo fa anche questo “Se il mondo intorno crepa”, che oltre a prendere spunto dal meglio dello
spaghetti western accenna a qualche accenno anche al cinema dei Coen bros (“Il grinta” ma anche “Il grande Lebowski”, come fa notare il prologo interpretato
da Antonella Salvucci e Willy Stella).
Jacurti e Ferrera si cimentano in un’operazione che richiama le atmosfere
crepuscolari del western alla Walter Hill e si avvalgono di un nutrito gruppo di ottimi collaboratori,
in modo che “Se il mondo intorno crepa” riesca appieno nella commemorazione di
un genere che apparteneva all’Italia e che ancora adesso fa scuola.
Solo che dire che l’operazione di Jacurti e Ferrera sia solo uno spaghetti western sembra essere
riduttivo, anche perché qua alla memoria ci sono più che altro i grandi maestri americani del western anni ’70 (il citato Hill, Sam Peckinpah, Clint Eastwood stesso), senza escludere che l’opera in questione ha anche
dei richiami all’attualità e sull’emarginazione di oggi.
Mirko Lomuscio
SE IL MONDO INTORNO CREPA RECENSIONE Palermo PARLA
Fabio Massimo Tombolini
Se il mondo intorno crepa
Recensione di Antonio Pannullo
il Secolo
Torna il genere western in Italia? I segnali ci sono tutti, ma la sorpresa è che si tratta di un western all’italiana, ossia prodotto qui da noi, con registi e attori italiani. Stiamo parlando di “Se il mondo intorno crepa” (“If the world dies”), presentato recentemente a Roma nello storico cinema Nuovo Aquila, ultima fatica del regista-attore Stefano Jacurti e del suo collega – in entrambi i ruoli – Emiliano Ferrera.
Recensione INGENERECINEMA.COM
Gilda Signoretti
TRA I TANTI PISTOLERI CHE POPOLANO IL WEST, NON CI ERA MAI CAPITATO
DI IMBATTERCI IN UN POETA PISTOLERO CHE RECITA VERSI DI MORTE PRIMA DI OGNI SUA ESECUZIONE.
IL COWBOY IN QUESTIONE E' BLACK BURT, PROTAGONISTA DEL MEDIOMETRAGGIO.
DOPO INFERNO BIANCO EMILIANO FERRERA E STEFANO JACURTI TORNANO A DIRIGERE UN WESTERN, GENERE TANTO AMATO MA PURTROPPO FUORI DALLE NOSTRE LOGICHE PRODUTTIVE DA TROPPI ANNI.
SI TRATTA DEL TERZO WESTERN DIRETTO DALLA COPPIA ( E SCRITTO DA JACURTI DEL QUALE ABBIAMO PARLATO IN OCCASIONE DEL SUO ROMANZO "BASTARDI PER STIRPE"
(2012 EDITO DA I LIBRI DI EMIL)
ABBIAMO AVUTO IL PIACERE DI VEDERLO IN ANTEPRIMA AL NUOVO CINEMA AQUILA IL 9 GIUGNO. ALL' EVENTO HA PARTECIPATO GRAN PARTE DEL CAST TECNICO E ARTISTICO DEL FILM, INTERVENUTI AL TERMINE DELLA PROIEZIONE PER SVELARE LE CURIOSITA' DEL FILM E A DESCRIVERE LA LORO ESPERIENZA SUL SET.
TRA CATTIVI CI SI INTENDE E ALLORA E' MEGLIO METTERSI IN SOCIETA'.
LO SANNO BENE BLACK BURT ()STEFANO JACURTI) E IL BANDTO BUTCHER JOE
(SIMONE PIERONI) DETTO IL MACELLAIO PER LA FEROCIA CON CUI SI AVVENTA SULLE SUE VITTIME.
GLI ACCORDI SEMBRANO PORTARE FRUTTI MA BISOGNERA' FIDARSI CIECAMENTE UNO DELL'ALTRO.
INTANTO NEL WEST PISTOLERI E DONNE PROCACI RIEMPIONO LA LOCANDA E SI DIVERTONO,
COMPLICE QUALCHE BICCHIERE DI TROPPO.
TUTT'ALTRO STATO D'ANIMO MOSTRA INVECE SHEILA, (EMANUELA PONZANO)
UNA PROSTITUTA CIECA CHE TUTTI DISPREZZANO E CHE, EMARGINATA, RINCORRE INUTILMENTE IL SOGNO DI ESSERE DESIDERATA, LEI CHE ANCORA GIOVANE E BELLA MA CHE PER IL SUO HANDICAP, VIENE VISTA COME UN ESSERE INCOMPLETO.
PROPRIO LA DONNA SARA' IL PERSONAGGIO PIU' SAGGIO DI QUESTO FILM
QUELLO CHE PERCEPISCE IL DRAMMA DI UNA SOCIETA' DOVE TUTTI SONO PRONTI A VENDICARSI UNO SULL'ALTRO. ATTRAVERSO DELITTI E CRIMINI.
SHEILA CERCA L'AMORE E NON IMPORTA SE SI TRATTA DI UN RAPPORTO OCCASIONALE PERCHE' CIO' LE BASTA.
ANCHE FERRERA SI CIMENTA NEL RUOLO DI ATTORE,NEI PANNI DELLO SCERIFFO BILL CARSON, PERSONAGGIO SOLITARIO E SCHIVO, LA CUI RISERVATEZZA SI CONTRAPPONE LA VIVACITA' DEGLI ABITANTI DEL VILLAGGIO, MA CHE SI RISPECCHIA IN QUALCHE MODO NELLA SAGGEZZA CHE IN QUALCHE MODO SI PUO RITROVARE PROPRIO IN BLACK BURT.
CARSON E' SPALLEGIATO DA DUE SCERIFFI DI CONTEA, INTERPRETATI DAL REGISTA GIOVANNI BUFALINI E DA MARCO BELOCCHI.
SE IL MONDO INTORNO CREPA E' UN MEDIOMETRAGGIO CHE SI VESTE DI UN RITMO DINAMICO, DI UNA SCENEGGIATURA SEMPLICE MA SOSTANZIALMENTE EFFICACE.
E' UN OMAGGIO RIUSCITO AL GENERE WESTERN E L'OPERAZIONE PORTATA A SEGNO DA FERRERA E JACURTI CONSISTE NELLA RIPROPOSIZIONE DI VECCHI STILEMI CON RIFERIMENTO ALL'IMMIGRAZIONE E ALL'EMARGINAZIONE.
PARTICOLARE ATTENZIONE E' STATA POI POSTA ALLA CARATTERIZZAZIONE DEI PERSONAGGI, OGNUNO CON UNA PERSONALITA' BEN DISTINTA.
BUONA L'INTERPRETAZIONE GENERALE DI TUTTI GLI ATTORI,
AD APRIRE LE DANZE SONO ANTONELLA SALVUCCI E WILLY STELLA E IL FRIZZANTE GRUPPO COUNTRY WESTERN SPIRIT.
E' INNEGABILE QUANTO, NEL FILM, SIA IMPORTANTE L'APPORTO MUSICALE CHE DAVVERO CONTRIBUISCE A DARE COMPLETEZZA AL TUTTO
IL MERITO VA AL MUSICISTA E AUTORE DI MUSICHE KLAUS VERI.
SAREBBE IMPERDONABILE POI, NON SOTTOLINEARE LA BELLEZZA DEI PAESAGGI ABBRUZZESI DOVE E' STATO GIRATO IL FILM, E L'INTENSO BRANO, NOSTALGICO E AVVENISTICO, CHE CHIUDE IL FILM CANTATO DA FABRIZIO SARTINI, QUI NEL RUOLO DI BOBBY WEST. OTTIMO LAVORO AL SOUND DI RICCARDO GAGGIOLI.
GILDA SIGNORETTI
RECENSIONE SU LOUDVISION
Dopo una gestazione neanche lunghissima, dopo nottate di cornetti e caffè mentre Roma dormiva, finalmente tutti i nodi vengono al pettine»: cosìStefano Jacurti prende la parola al Nuovo Cinema Aquila per presentare la prima proiezione ufficiale di “Se il mondo intorno crepa“, suo secondo film western girato in Abruzzo e in Almeria e firmato in co-regia con Emiliano Ferrera.
“Se il mondo intorno crepa” è un film di genere che ripropone con coraggio e un pizzico di audacia tematiche d’altri tempi che hanno sempre fatto parte della cultura italiana: un libro trovato per caso conduce lo spettatore nel vecchio West, creando l’atmosfera del grande cinema.
Black Burt è un delirante assassino, Butcher Joe uno spietato psicopatico. Due personaggi diversi, a sangue caldo il primo, tutto nervi il secondo, realizzano il sogno di unire due mondi: il mito del West del passato e il genere country. In una città di ubriachi e prostitute, tra colpi di pistola e colpi di scena, emergono con forza e a tinte forti temi quanto mai attuali: il bisogno della legalità, la lotta degli emarginati, interpretati da protagonisti sorprendenti nella loro storia personale.
La sapiente combinazione di grandi spazi e musiche straordinarie dà potenza all’eterno conflitto tra il bene ed il male, con un effetto domino su tutta la storia.
Jacurti racconta la sua amicizia con Ferrera che si diverte a soprannominare Clint Eastwood, e parla di quando, nel 1995, cominciarono a «giocare a soldatini seriamente ma semplicemente».
Nel dedicare il suo lavoro al padre, lancia infine la scommessa dellariscoperta del genere western con l’augurio che questo sia solo l’inizio: «quando si entra nel cinema indipendente bisogna mettersi l’elmetto perché è un altro territorio. Il set è una sorta di campo di battaglia cinematografico. Non nego che ci siano stati momenti di difficoltà, ma quello che è rimasto a me, come uomo e come artista, è un bellissimo ricordo dello spirito di collaborazione di tutti».
DA AKITADEBE
RECENSIONE SENTIERI SELVAGGI
SE IL MONDO INTORNO CREPA
il generale grant- stefano jacurti al teatro keiros per la prima volta in italia Ulysses Grant in scena sabato 17 febbraio 2018 ore 17
tutti i diritti dei film se il mondo intorno crepa e inferno bianco sono di stefano jacurti
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